Editoria 2.0: nuovi modelli di business

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Ogni anno Fieg, la federazione italiana degli editori, pubblica un report sull’andamento economico del settore dell’editoria. Inutile dirlo che negli ultimi anni la crisi si è fatta sempre più allarmante  e che a poco serve la minima ripresa economica che si è manifestata nell’ultimo mese del 2013 e nella prima parte di quest’anno.

Nel 2013 il fatturato pubblicitario dei quotidiani è sceso del 19,4% e i ricavi editoriali hanno subito di conseguenza una nuova caduta stimabile intorno all’11,1%. Conferma il trend negativo anche l’indagine Audipress 2013 relativa ai lettori medi quotidiani: 20.790.000.

I problemi dell’editoria giornalistica sono di tipo strutturale e poco cambierà se gli editori non capiranno che è necessaria una ristrutturazione dei modelli di business.

Se non è più così semplice ottenere ricavi attraverso la vendita di spazi pubblicitari sul mezzo stampa, diventa necessario trovare una nuova strategia.

Editoria

Il modello di business basato su vendite, abbonamenti e pubblicità evidentemente non basta più. Qual è l’alternativa?

La riduzione dei costi

La prima reazione alla crisi è stata quella di tagliare i costi con iniziative come:

  • riduzione del personale;
  • congedi non retribuiti;
  • rinegoziazione degli stipendi;
  • partnership con altri giornali;
  • riduzione del numero di pagine;
  • eliminazione delle edizioni meno appetibili per gli inserzionisti;
  • revisione delle sezioni.

L’approccio web-centrico

Il secondo step è stato quello di accettare il web come il nuovo mezzo di diffusione dell’informazione, così molti giornali hanno adottato un approccio web-centrico, in cui il flusso di lavoro privilegia la produzione di contenuti per il web e solo poi avviene la stesura di un testo di approfondimento per l’edizione cartacea.

The New York Times e Washington Post impiegano continuous news desks con personale dedicato che produce senza sosta le news per la rete.

Il web presenta un contesto competitivo molto diverso: i rivali per l’attenzione del consumatore non sono più i competitor in senso stretto, ma qualsiasi azienda, ente e istituzione presente in rete che potrebbe offrire contenuti più appetibili.

digitaltrends.com

Social Media

Non può mancare una presenza costante sulle piattaforme social, che sono ormai tra le fonti più utilizzate dagli utenti per informarsi. Qui l’engagement svolge un ruolo determinante: bisogna attirare fan e folllower ed essere in grado di tenerseli stretti, creando una community di lettori fidelizzati.

Multimedia storytelling

Inoltre, proporre una storia in rete significa costruirla in ottica multimediale e transmediale. L’articolo non è più costituito solo dal testo e da una piccola immagine incorniciata, ma anche da video, audio, grafica, elementi interattivi, post e tweet incorporati. Il formato non è lineare e le informazioni presentate dovrebbero essere complementari e non ridondanti.

Sviluppare comunità

hashtag

Come misurare il successo di un sito di informazione, dal numero di visualizzazioni e ‘mi piace’ o dalla sua capacità di coinvolgere il lettore e fare community? Non c’è dubbio che lo scopo ultimo sia quello di craere traffico, ma per fare in modo che questo avvenga in maniera continuativa è importante sviluppare contenuti davvero utili al lettore.

Sul suo blog Media disrup­ted, il giornalista John Robinson dà qualche consiglio:

#1 Con­cen­tra­rsi sulle sto­rie che con­tano, che danno solu­zioni ai pro­blemi della gente, che fanno capire quali lavori devono essere fatti, che par­lano dei diritti e dei torti.

#2 Creare stru­menti che per­met­tano ai let­tori di segna­lare le loro noti­zie. In par­ti­co­lare durante eventi che riguardano l’intera comu­nità è importante anche la cura dei con­te­nuti gene­rati dagli utenti.

#3 L’utilizzo dei social per pro­muo­vere i con­te­nuti deve avere come obiet­tivo quello di gene­rare rela­zioni intorno ai quei con­te­nuti.

#4 Cono­scere e rap­pre­sen­tare meglio la comu­nità. […] Il gior­nale la rap­pre­senta ade­gua­ta­mente dando il giu­sto peso ad ognuna delle sue diverse com­po­nenti?

Reversed paywall

Anche se online, i lettori dovrebbero pagare l’informazione così come è sempre stato per i quotidiani. I modelli di pagamento online utilizzati fino ad ora sono due: full paywall, con blocco totale di accesso al sito senza una sottoscrizione, ed il metered paywall, con cui viene concessa la lettura gratuita di un numero di articoli nell’arco di un periodo limitato, superato il quale bisogna effettuare un pagamento per continuare ad usufruire del servizio.

Il secondo è il più diffuso poiché permette di mantenere un dato livello di audience, anche se non pagante, che permette di vendere spazi pubblicitari. È questo il modello utilizzato da The New York Times, per cui il paywall conta il 12% del totale dei ricavi delle vendite del giornale.

Ma le persone sono abituate a non pagare per l’informazione online e molti credono che  costringere i lettori a pagare non sia una buona idea. L’alternativa proposta è il reversed paywall, che prevede anche delle forme di ricompensa se il lettore compie azioni come cliccare su un’inserzione pubblicitaria, promuovere il sito sui proprio account social, commentare, fornire ulteriori dati personali.

Digital Agency

Un altro modello di business che ha riscosso molto successo è la creazione di una digital agency associata ma anche indipendente dall’editore. Le digital agency non solo vendono spazi pubblicitari agli inserzionisti, ma offorno anche altri servizi nel campo digital come consulenza, sviluppo di siti web, email marketing, SEO. È il caso del Media Lab del Press Democrat, che si presenta come un’entità separata e una startup innovativa separata dal vecchio brand.

Prodotti editoriali di nicchia

Un’altra opzione è quella di non abbandonare la carta stampata, ma concentrare i propri sforzi in una nicchia profittevole. Il Columbia Daily Herald ha scommesso e vinto con una nuova rivista mensile sulla salute e una rivista di lifestyle maschile.

I segreti per l’innovazione

In tutti i casi, il primo passo verso il successo è avere una vision chiara e decisa,  in base alla quale cambiare la cultura aziendale e di conseguenza effettuare le opportune modifiche seppur con risorse limitate.

Editori in ascolto, quali iniziative avete messo in atto per contrastare la crisi? Quale modelli di business avete scelto?

 

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