Giornalismo digital: 7 ricerche del 2014 che devi leggere
Sei pronto per cominciare l’anno nuovo col piede giusto? Il modo migliore per farlo è imparare dal passato, sapere cosa è stato fatto di buono e di sbagliato nel 2014 e agire di conseguenza.
Ecco sette ricerche segnale da Journalist’s Resource e riprese da NiemanLab pubblicate in ambito accademico che ci permetteranno di affrontare il 2015 con le giuste informazioni!
The battle for ‘Trayvon Martin’: Mapping a media controversy online and off-line
MIT Center for Civic Media
Come possono i giornalisti fare informazione muovendosi attraverso la vasta gamma di canali e mezzi a disposizione? Questa è la domanda che si sono posti Erhardt Graeff, Matt Stempeck, and Ethan Zuckerman, prendendo come case study quello di Trayvon Martin, il ragazzino afroamericano ucciso da un vigilante.
I ricercatori affermano: “La nostra analisi rileva che il potere di gatekeeping è ancora profondamente radicato nei media radiotelevisivi… Senza la copertura iniziale di agenzie di stampa e televisione, probabilmente le comunità online non avrebbero saputo del caso Trayvon Martin e quindi mobilitarsi intorno ad esso.
Lo studio rappresenta uno sforzo ambizioso per mappare il dibattito pubblico intorno ad una notizia – flusso e riflusso, catalizzatori, lenti di ingrandimento e gatekeeper.
The Ethics of Web Analytics: Implications of using audience metrics in news construction
Nanyang Technological University, Singapore, e Missouri School of Journalism
Il saggio di Edson C. Tandoc Jr. e Ryan J. Thomas pubblicato su Digital Journalism riguarda l’aumento di segmentazione e personalizzazione e critica come le forze di mercato possono compromettere i valori giornalistici.
Gli studiosi sostengono che si corre il “rischio di un ecosistema multimediale che asseconda il suo pubblico, invece di illuminarlo e metterlo alla prova, e quindi rappresenta un ostacolo alla formazione di comunità intorno ad ideali condivisi.
Filter Bubbles, Echo Chambers, and Online News Consumption
Carnegie Mellon University, Stanford e Microsoft Research
Nel 2011 l’attivista di Internet, Eli Pariser, coniò il termine bolla di filtri per descrivere il sistema in cui i motori di ricerca schermano le persone da certi aspetti del mondo reale..
Seth Flaxman, Sharad Goel e Justin M. Rao hanno analizzato le abitudini di navigazione web di 1,2 milioni di utenti in un periodo di tre mesi circa 2,3 miliardi di pagine viste concentrandosi su 50.000 utenti statunitensi che spesso accedono a news online.
Secondo la ricerca, per gli articoli di notizie accessibili attraverso i social media, il livello di segregazione ideologica è “marginalmente superiore” rispetto a quelle lette visitando direttamente un sito di notizie. Il modello è della bolla di filtri sarebbe “più pronunciato” per pezzi di opinione. Una relativamente piccola quantità di consumo di news online è guidata dai canali più polarizzati, social e motori di ricerca, i pezzi di opinione costituiscono solo il 6% del consumo di notizie.
Twilight or New Dawn of Journalism? Evidence from the changing news ecosystem
Reuters Institute e University of Oxford
Robert G. Picard, esperto in media economics e policy, fornisce una panoramica sui cambiamenti del settore. Egli sottolinea che le “pratiche del giornalismo si stanno spostando da un sistema relativamente chiuso di creazione notizie – dominato da fonti ufficiali e giornalisti professionisti,” e che questo “non è indesiderabile perché significa che meno élite istituzionali stanno decidendo cosa ottiene l’attenzione”. L’aggregazione e le infrastrutture di distribuzione digitali stanno creando nuovi meccanismi di potere e una nuova élite che influenza i contenuti.
I fornitori di notizie sono sempre meno dipendenti da qualsiasi forma di finanziamento, cosa che riduce l’influenza degli inserzionisti commerciali. “Non stiamo vivendo né un fine né una nuova alba del giornalismo; stiamo vivendo entrambi“, Picard, conclude.
Can We ‘Snowfall’ This? Digital longform and the race for the tablet market
University of Iowa
David Dowling e Travis Vogan su Digital Journalism esaminano tre casi di studio sul trattamento innovativo di un racconto: Snow Fall del The New York Times, Out in the Great Alone di ESPN e Lost Soul di Sports Illustrated, per vedere come vengono sfruttate le potenzialità della narrazione long form.
I ricercatori notano che, come il New Journalism nel 1960, stiamo assistendo a una nuova forma che rompe in modo significativo con il passato del giornalismo. I visual, la multimedialità e il layout rientrano in una strategia di branding. I pezzi long form sono un’opportunità per le organizzazioni per costruire il proprio brand in un mercato sempre più competitivo, rappresentano un importante passaggio dalle brevi breaking news verso un modello di business costruito su un prodotto multimediale creato con cura.
Reciprocal Journalism: A Concept of Mutual Exchange between Journalists and Audiences
University of Minnesota, University of Utah e University of Texas
Questo studio pubblicato su Journalism Practice da Seth C. Lewis, Avery E. Holton e Mark Coddington delinea la nuova teoria del “coinvolgimento del pubblico 3.0” o “partecipation plus.” Il “giornalismo reciproco” si prefigge di fare un passo avanti riguardo il giornalismo partecipativo, che, come sappiamo, è ancora per lo più a senso unico: serve più le esigenze delle organizzazioni che quelle del pubblico.
I ricercatori concentrano la loro attenzione su come Twitter, Facebook e altri social media possano facilitare forme più reciproche di giornalismo, sia direttamente (ad esempio, i giornalisti scambiano tweet con i propri follwer), indirettamente (ad esempio, i giornalisti incoraggiano la discussione nella community intorno ad alcuni hashtag) o sostenuta (per esempio, i giornalisti creano pagine su Facebook dove il pubblico può aspettarsi scambi di più lunga durata tra i giornalisti e il pubblico).
Ciò significa che i giornalisti possono essere community builder e che il “giornalismo reciproco” non è un nuovo tipo di giornalismo, ma piuttosto “indica il potenziale non realizzato per un giornalismo partecipativo che ha a cuore anche le preoccupazioni dei cittadini”.
Crowd-Funded Journalism
George Washington University e University of Southern California
Lian Jian and Nikki Usher hanno esaminato il database dei progetti di Spot.Us, una piattaforma di notizie no-profit che permette di finanziare le news con micropagamenti.
Hanno scoperto che “rispetto ai giornalisti, i consumatori preferiscono storie che potrebbero fornire loro una guida pratica per la vita quotidiana (ad esempio, la salute pubblica o le infrastrutture della città), al contrario di storie da cui acquistano una conoscenza generale del mondo (ad esempio, il governo e politica). I giornalisti con meno esperienza di lavoro con le organizzazioni di notizie tradizionali tendevano ad avere più successo nella raccolta di fondi dal pubblico.
I ricercatori concludono: “questo risultato sembra giustificare la preoccupazione alcuni studiosi che se i consumatori svolgeranno un ruolo importante nella produzione di notizie, la copertura di notizie sugli affari pubblici generali diminuirà”
come ci si iscrive?