Internet ha rovinato le notizie. E ora?
Qualche giorno fa il giornalista statunitense Jeff Jarvis ha pubblicato un’interessante riflessione per rispondere alla domanda “Internet ha rovinato le notizie. E ora?”
Non è una novità che il settore dell’informazione abbia subito un duro colpo con l’affermarsi del world wide web, ma ciò non vuol dire che non possa reagire. Jarvis, infatti, afferma che il giornalismo non è spacciato e propone l’introduzione di nuove relazioni e nuovi modelli di business da adottare, esposti nel suo saggio diviso in tre parti e pubblicato, non a caso, su Medium.
Non più mass media
Partendo dalla riflessione del sociologo Raymond Williams, secondo cui “non esiste la massa, ma solo il modo di vedere le persone come massa“, Jarvis spiega che sono stati proprio i mass media ad aver introdotto il concetto di massa perché ideati per comunicare con tutti nello stesso tempo.
Ma questo modello di comunicazione uno a molti non ha più molto senso. Perché continuare a servire la gente come massa se ora siamo in grado connetterci a loro come individui?
Alla base dei modelli di business dei media c’è la necessità di conoscere le persone come individui, per comunicare davvero con loro ideando contenuti più pertinenti e di maggiore valore. E il contenuto, oltre ad essere uno strumento per informare e comunicare col proprio pubblico, è anche un mezzo per conoscerlo meglio. Sapere a cosa è interessata una persona, quello che sa e cosa vuole sapere, cosa fa e dove vive è fondamentale oggi per comunicare con la massa in maniera individuale.
È così che operano aziende come Google, Facebook e Amazon e come dovrebbe operare una testata giornalistica per fornire ai suoi lettori un’esperienza il più personalizzata possibile. Se conosciamo i gusti e i comportamenti di una persona, siamo in grado fornirle un servizio più rilevante, evitando di sprecare il suo tempo in contenuti e servizi poco interessanti.
Produttore di contenuti o fornitore di servizi?
La seconda parte del saggio di Jarvis si concentra su quello che secondo l’autore è un problema alla base del giornalismo, ovvero il considerarsi come un business produttore di contenuti piuttosto che un fornitore di servizi.
Oggi i contenuti e la concorrenza sono abbondanti e l’informazione è diventata un prodotto che può essere trasmesso in real time. Questi presupposti rendono quello basato sul contenuto un modello di business poco allettante. Attenzione, questa affermazione non vuole intendere che il contenuto non abbia valore, ma che il valore del contenuto dovrebbe essere considerato più come strumento che come un fine a sé stesso e non certo come l’unico disponibile sul mercato.
Proviamo allora a considerare il giornalismo come un servizio. Il contenuto è ciò che riempie qualcosa, mentre il servizio realizza qualcosa, c’è una gran differenza. Riconosciamo il fatto che al giorno d’oggi “il pubblico sa più di noi”, quindi, secondo Jarvis, il lavoro dei giornalisti non è più semplicemente quello di informare, ma aiutare le persone ad informarsi reciprocamente.
Oggi è molto importante, ad esempio, espandere il servizio di giornalismo offrendo piattaforme che permettano agli individui di cercare, scoprire, raccogliere e condividere le informazioni. Internet ha dimostrato di essere in grado di aiutare le comunità ad informarsi, grazie a strumenti come Twitter e Wikipedia.
Ecosistemi e network
A partire dall’invenzione della stampa veloce, il settore delle notizie è stato organizzato verticalmente, con l’intero processo di produzione controllato ad ogni passaggio, dalla creazione della notizia alla distribuzione, passando per il finanziamento attraverso la raccolta pubblicitaria.
I monopoli e gli oligopoli delle news creatisi negli anni passati non hanno più il controllo a cui erano abituati, considerato che oggi ognuno di noi possiede i mezzi di produzione e distribuzione di notizie, informazioni e contenuti nella forma di tastiere, tablet e telefoni cellulari.
Nasce così un ecosistema dell’informazione, un caos disorganizzato di cui nessuno è a capo e a cui tutti possono contribuire. Più membri partecipano all’ecosistema, più punti ci sono per distribuire i contenuti agli altri membri. E più iscritti ci sono, più grande è il pubblico che può essere venduto agli inserzionisti.
Jarvis conclude affermando che l’obiettivo è quello di creare un ecosistema di notizie migliore, più grande, efficace e sostenibile.
Foto: smbiker.tumblr.com