Obiettivi, contenuti e frequenza. Ti serve un piano editoriale

 In Brand Journalism

Dalla mise en place delle idee alla concretizzazione dei contenuti, niente deve essere lasciato al caso in un progetto di brand journalism. Stabilire a priori gli obiettivi da realizzare, i contenuti da creare e il modo in cui una redazione deve lavorare è l’elisir di lunga vita per qualsiasi progetto editoriale.

Cominciamo con delle premesse.

  1. La ricetta perfetta non esiste. Viviamo in un’epoca in cui la flessibilità, la personalizzazione e la creatività sono requisiti indispensabili in qualsiasi progetto 2.0 (e non solo) intendiamo intraprendere. Dunque, lontani da ogni decalogo per la via della perfezione cercheremo di analizzare, invece, quali sono gli errori da non fare e gli elementi essenziali da cui partire per avviare un progetto di brand journalism e creare un brand magazine.
  2. Serve un team. La collaborazione di esperti giornalisti e comunicatori oltre che quella di professionisti di grafica, fotografi e video maker, sarà l’ambiente ideale, interno o esterno all’azienda, entro cui mettere insieme le idee e svilupparle coerentemente.
  3. Mai improvvisare. Se è vero che in un progetto a lungo termine la plasticità di ciò che creiamo resta fondamentale per aggiustare il tiro ogni qualvolta ci rendiamo conto dei punti di forza e i punti di debolezza, l’improvvisazione è altra cosa e non ci porterà mai al goal finale.

Per questo, prima di cominciare ci serve un piano. E siccome parliamo di contenuti redazionali sarà un piano editoriale.

GLI OBIETTIVI

Bisogna immaginare il piano editoriale come un DNA che contiene le informazioni “genetiche” che dovranno essere sviluppate, mantenute e aggiornate nella forma concreta del brand magazine.

Per partire bisogna stabilire cosa il brand vuole raggiungere attraverso la creazione di contenuti, ovvero un obiettivo a lungo termine: diventare opinion leader di settore, aumentare la brand awareness, trovare nuovi interlocutori, aumentare le visite al sito corporate, creare contenuti autoprodotti da condividere sui social per generare conversazioni, creare un nuovo business editoriale e così via.

L’obiettivo, come si può notare, non potrà mai essere univoco ma dovrà rispondere alle esigenze del brand. Tuttavia c’è un obiettivo latente di partenza che – perdonate il tono perentorio- deve accomunare i progetti di brand journalism: portare la narrazione del brand lontano dalle logiche promozionali.

Dunque, tra gli obiettivi non ci potrà mai essere quello di aumentare le vendite o portare il discorso pubblicitario su altri canali e formati perché altrimenti parleremmo di content marketing.

Stabilito un obiettivo di lungo termine, che vada dai 3 ai 5 anni, possiamo segmentare l’arco temporale in obiettivi di medio periodo (ad esempio annuali) e altri di breve periodo (ad esempio mensili) da poter eventualmente cambiare e modificare con più facilità in corso d’opera.

Dunque se l’obiettivo finale dell’azienda dovesse essere, ad esempio, quello di diventare opinion leader di settore, bisognerà pensare una strategia divisa per anni che ha come obiettivi quello di diventare prima il magazine di riferimento degli stakeholders dell’azienda, poi magazine d’eccellenza per una nicchia del settore in cui l’azienda opera e infine diventare fonte attendibile, citata e di riferimento a livello più ampio. Per raggiungere gli obiettivi annuali, però, sarà necessario stabilire quali dovranno essere i “check point” mensili e settimanali di carattere pratico come aumentare la visibilità sui social, incrementare la conversazione, puntare alla condivisione, sperimentare nuovi formati, canali ecc.

Insomma, dal generale al particolare bisognerà avere ben chiari i punti chiave attorno a cui far girare la nostra strategia editoriale per far si che i lettori si appassionino e si leghino alla fonte dell’azienda come migliore in un campo tecnico specifico.

DI COSA PARLARE

Quello che bisogna definire è il tema – o i temi –  di cui l’azienda vorrà diventare hub informativo. Il fulcro attorno a cui far ruotare il progetto di brand journalism potrebbe corrispondere al core business dell’azienda declinato in diversi aspetti. E dunque, come nel caso di In a Bottle di San Pellegrino di cui abbiamo parlato, il brand magazine potrà realizzarsi come un prodotto topic-centred.

Se un’azienda, o ancor meglio, una multinazionale opera in più business è possibile dividere il progetto editoriale in varie sezioni ognuna avente un tema centrale da sviluppare per ogni settore di azione.Ne è un esempio GE Electrics, che su GE Reports ha sviluppato più di una dozzina di sezioni, una o più di una per ogni business in cui l’azienda opera.

Si può anche pensare di far rientrare in un tema centrale “astratto” – ovviamente attinente al mondo aziendale- tutti gli argomenti che vogliamo trattare. E’ il caso di SorgeniaUp, che fa si che il racconto di un concerto diventi il racconto dell’energia sprigionata durante l’evento.

AUDIENCE

Contestualmente, scegliere il tema centrale da sviluppare può dipendere dall’audience a cui abbiamo deciso di riferirci. E viceversa.

Bisogna superare concettualmente la formula del target da colpire. Elaborare contenuti per avere indietro fiducia e, dunque, crescita reputazionale è il miglior punto di partenza.

Quello che bisogna capire se è necessario continuare a parlare a una nicchia di interlocutori o allargare la base del pubblico di riferimento dell’azienda. È ovvio che, più sarà specifico il nostro tema, più saremo diretti a una ristretta fascia di lettori, più o meno coincidenti con stakeholders e clienti.

Diversamente, se l’obiettivo sarà quello di allargare il bacino di utenza e arrivare ad un pubblico fino a quel momento inaccessibile, bisognerà spaziare per argomenti e linguaggi. Il rischio, però, è quello di rendere il progetto caotico e instabile. Multi-topic sì, off-topic mai.

PENSARE AI CONTENUTI

Se negli obiettivi può ancora entrare in ballo la volontà dell’azienda, la decisione del tipo di contenuti da creare non può che essere lasciata agli esperti.

Quando parliamo di contenuti di brand journalism non possiamo che riferirci, in primis, ad articoli di matrice giornalistica, ma non bisogna escludere contenuti video, documentari e formati multimediali che – budget permettendo – potrebbero diventare punti di forza e visibilità.

Prima di parlare della tipologia di articoli che possiamo sviluppare e ai formati che possiamo creare  – che mi riservo di fare in un altro post – dobbiamo, in fase embrionale, pensare a cosa vogliamo parlare in accordo con gli obiettivi prefissati.

In questo caso le direzioni da prendere potrebbero essere quattro:

Concentrarsi sull’approfondimento : Far si che le conoscenze dell’azienda diventino di dominio pubblico attraverso articoli molto lunghi e specialistici.

Puntare allo storytelling: raccontare in maniera orizzontale storie del brand e dal brand, senza mai scadere nella promozione o nell’autoreferenzialità, evitando le forme del “Noi” ma raccontando un passaggio vero e innovativo del brand. È esclusa dal discorso dello storytelling giornalistico una narrazione fantastica che possa edulcorare l’immagine del brand, mentre sono funzionali all’opera di allargamento del pubblico di riferimento il racconto di storie di vita ed esperienze vissute da persone interne ed esterne all’azienda.

Inseguire la notizia: Cercare di puntare alla diffusione di news del settore, collegarsi all’attualità per inserirsi nel sistema mediale e cavalcare l’onda dell’opinione pubblica.

Forma mista: creare un mix di contenuti e formati. Ma attenzione: ancor più che in altri casi sarà necessario pianificare come, dove e con che frequenza pubblicare i contenuti altrimenti il rischio è quello di creare incoerenza e caos.

Dopo aver deciso che tipo di contenuti elaborare, ogni mese e/o ogni settimana sarà poi necessario programmare alcuni titoli da sviluppare per garantire una linea coerente e coesa degli argomenti da trattare.

MAGAZINE O BLOG?

In base al tipo di articoli che intendiamo pubblicare e dei contenuti che vogliamo creare, dipenderà anche l’impostazione che vogliamo dare alla nostra pagina online.

Se abbiamo deciso di impostare il nostro discorso su un racconto più personalizzato, converrà puntare alla forma di blog, più leggera e meno restrittiva in termini di audience.

Diversamente, se abbiamo deciso di puntare all’approfondimento o all’attualità converrà essere più fedeli alla forma di magazine online.

QUANDO PUBBLICARE

A proposito del quando, è necessario stabilire la cadenza di pubblicazione degli articoli.

Quello che spesso si nota è che nei brand magazine fin oggi analizzabili, in Italia come all’estero, la frequenza e la regolarità di pubblicazione sembrano essere un punto dolente.

In realtà, la rarefazione nel tempo dei contenuti trasmette instabilità del brand magazine al visitatore.

Più contenuti di qualità si pubblicano, più possibilità si avranno di raggiungere gli obiettivi, agganciare nuovi interlocutori, essere citati e diventare una vera fonte di informazione specifica.

Trasmettere autorevolezza e attendibilità delle notizie oltre che aggiornamento e legame con l’attualità è un buon modo per piazzarsi da contraltare all’overload informativo a cui la rete sottopone gli internauti. Non contribuire al caos, dunque, ma dare chiarezza per avere fiducia.

È ovvio tutto quello che fin qui è analizzato è da rapportare ad un budget stabilito a priori, che determinerà anche la frequenza con cui è possibile pubblicare in relazione al numero di componenti della brand newsroom.

Bisogna avere fiducia nel tempo. Partire con un buon progetto è un buon modo per avere già chiaro il percorso di crescita da compiere senza rischio di perdersi prima di arrivare alla meta.

Martina Galletta

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