Quanti robot ci vogliono per scrivere una notizia?

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Il cambiamento è l’unica costante del giornalismo: l’ha scritto George Brock nel 2013 in Out of print e non si sbagliava affatto. Con l’avvento dei media digitali, il passaggio dalla carta stampata all’online è stato un obbligo, così come l’abbracciare il citizen journalism e il ruolo centrale dei social media per fare e distribuire notizia.

Il giornalismo 2.0 si fonda principalmente su un importante requisito: la velocità. Il tempo che intercorre tra il verificarsi del fatto e la diffusione della notizia che lo riguarda si accorcia sempre più e ai giornali online non resta che rincorrere i social media con continuous news desk e breaking news, per cui non c’è tempo per la ricerca delle fonti e il check dei fatti.

Ora il giornalismo si prepara ad affrontare un ulteriore trend, quello del robot journalism. Calendari editoriali progettati da algoritmi ideati per scovare e selezionare contenuti notiziabili e articoli scritti da software in grado di generare contenuti scritti di senso compiuto (più o meno), è questo il futuro?

Sempre più testate – anche Forbes – stanno adottando questa tecnica per generare articoli di cronaca semplici e brevi. L’Associate Press ha dichiarato di utilizzare un software in grado di creare notizie relative allo sport universitario, in questo modo ogni squadra riceverà copertura mediatica.

Non sono mancate le critiche da parte dei giornalisti – quelli umani s’intende. Dove la mettiamo la creatività? La capacità di scrittura? La necessità di approfondire un argomento o controllare una fonte?

Ci appare diverso, invece, l’utilizzo di droni per inchieste e approfondimenti: macchine al servizio dei giornalisti umani, questa sì che ci sembra più facile da digerire.

Si tratta piccoli velivoli senza pilota, radiocomandati a distanza, che possono essere utilizzati per girare video, scattare foto o raccogliere dati geografici. Essi consentono di sorvolare luoghi difficilmente raggiungibili in caso di incidenti o calamità naturali e possono essere utilizzati per vere e proprie indagini. Se connessi a un Gps, possono persino mappare un territorio.

La BBC ha già una piccola flotta e un team di piloti e videomaker pronto ad entrare in azione quando necessario. E come dimenticare il reportage di Team Blacksheep che ha filmato il relitto della Costa Concordia.

Il problema in questo caso è la legislazione: i droni sono considerati come aerei veri e propri e il loro utilizzo necessita, quindi, di speciali permessi di aviazione.

Matt Waite, fondatore del Drone Journalism Lab, lavoro tutti i giorni con il robot journalism, e ha dichiarato su Wired: “i software possono scrivere articoli ma non penso che i robot sostituiranno i giornalisti.” Solo gli esseri umani, spiega, possono scrivere storie complesse che hanno empatia e complessità e questo i computer non lo sapranno mai fare. “Non esiste un algoritmo per l’umanità”. Un software può però essere utile per fare un lavoro di ricerca e fornire dati e informazione che un giornalista può riassumere in una narrazione più ampia per aiutare altri umani a capire cosa succede.

 

 

 

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