Red Bull e il brand journalism “che mette le ali”
Quando si parla di brand journalism non si riesce a far a meno di citare il nome di Red Bull tra le multinazionali che hanno dato seguito alla nascita di questo nuovo campo editoriale. Ma è davvero brand journalism o si tratta di un business a sé stante?
Nel 2007 Red Bull – nota azienda austriaca dell’ “energy drink che mette le ali”– in maniera quasi ideale, ha compiuto la transizione a media company creando la Red Bull Media House, una multi-piattaforma mediale che si occupa di diffondere contenuti destinati alla TV, all’online, alla stampa, al cinema, alla musica, fino ad arrivare, in tempi più recenti, al mondo dei videogames.
Un colosso aziendale di memoria relativamente recente ma che in meno di tre decenni ha saputo raccontare il futuro, più che il passato. Se è vero che con oltre cinque miliardi di bevande vendute ogni anno fa si che la Red Bull sia arrivata a detenere la più alta quota di mercato nel settore, è vero anche che la multinazionale ha venduto molto più che lattine e deve la sua fama a molto altro oltre al gusto esotico del prodotto che porta il suo nome.
La Red Bull ha infatti propagato e – se vogliamo- venduto sogni, ideali, valori che poi, con la Media House Company si sono concretizzati in prodotti mass mediali di valore. Tutto nel mondo Red Bull ruota intorno alla libertà d’azione, allo sport, allo stile di vita sano e alla natura incontaminata. La qualità dei valori viene tradotta in qualità dei contenuti che si caratterizzano soprattutto per le immagini di grande impatto.
Red Bull TV
La compagnia detiene la Red Bull Tv, piattaforma per la visione di contenuti live e video on-demand, la quale produce lungometraggi, film d’azione non-fiction e film cinematografici orientati ai giovani che mirano sempre a raccontare storie straordinarie con standard alti nella qualità della produzione. L’emittente televisiva Red Bull TV dà l’accesso in esclusiva a chi si connette direttamente alla piattaforma streaming tenendo aggiornati su eventi, sport, musica ed intrattenimento grazie ad una ricca programmazione direttamente concepita dal mondo della Red Bull per attirare i telespettatori con ogni gusto, preferenze e interesse.
I Magazine
Mentre Red Bull Tv è accessibile gratuitamente da pc, smartphone (mediante apposita applicazione) o smart television – dove il brand ha spesso acquisito i diritti su gare sportive da trasmettere – Red Bull come casa editrice svolta su una produzione a pagamento. I magazine, infatti, possono essere acquistati singolarmente o tramite sottoscrizione di abbonamenti. Ben quattro riviste, Red Bulletin, Terra Mater, Servus e Bergwelten che vengono definite come pubblicazioni di alta qualità che coprono una vasta gamma di interessi, ognuna con un atteggiamento unico nei confronti degli argomenti che presenta e del pubblico di riferimento.
Concentrandosi per il cospicuo numero di tirature già solo i primi due casi, complessivamente, riescono a portare all’azienda introiti pari a circa 8 milioni l’anno contribuendo – seppur in maniera modesta – al fatturato della stessa casa madre. È facile spiegarsi così l’ampio investimento nella qualità dei prodotti mediali di Red Bull e della crescita consistente della poliedrica Media Company.
Il più celebre Red Bullentin, è un magazine cartaceo a cadenza mensile su sport estremi e vita attiva, che
vanta una tiratura di quasi due milioni di copie, accompagnato da una versione online con contenuti extra e approfondimenti, ma che risulta chiaramente brandizzato sia nel nome che nel logo. È presente in quattro edizioni (una per le rispettive lingue: inglese, francese, tedesco e spagnolo) ed è distribuito in Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Germania, Austria e Messico. Si tratta di una rivista a tutti gli effetti che presenta anche qualche spazio per le sponsorizzazioni di altre case produttrici di pneumatici, attrezzature sportive e motori.
Su un altro versante è, invece, Terra Mater un magazine propriamente tradizionale che, con taglio naturalistico-scientifico, non fa alcun
riferimento al brand Red Bull. Viene presentata dalla compagnia come un “giornalismo vecchio stile”: paesaggi fuori dal tempo, racconti di vita di popoli negli angoli più remoti del mondo, di fenomeni naturali, storie sorprendenti nel mondo della ricerca e della tecnologia. Tutto ciò culmina in una rivista di qualità giornalistica volutamente tradizionale: autori di alto livello e brillanti fotografi producono storie accuratamente studiate sul posto, che vengono poi presentate su carta con accattivanti illustrazioni. Si tratta di una rivista pubblicata con cadenza bimestrale, con un totale di quasi cinquanta quattro mila copie complessive sommando la versione cartacea e e-paper acquistabili tramite i-Tunes e Google Playstore.
Il caso Red Bull, insomma, sembra essere degno di nota poiché ha puntato tutto sulla narrazione, investito ampiamente sui contenuti mediali, lasciando solo uno spazio più che ristretto alla pubblicizzazione diretta del famoso energy drink.
Brand journalism o business?
Quello che sorge spontaneo chiedersi nel momento in cui si inserisce la commercializzazione è se si stia ancora parlando del frutto di una strategia di brand journalism che mira alla crescita della brand awereness dell’azienda oppure di tutt’altro.
Se sicuramente parliamo di giornalismo e di approfondimento quando pensiamo all’informazione che Red Bull fornisce, nell’investimento nella qualità, coerenza della linea editoriale, varietà dei canali di diffusione e dei formati, altrettanto sicuramentenon è di brand journalism che si parla nelle premesse che hanno portato l’azienda a creare questo nuovo e diverso impero mediale.
A questo punto non è la gratuità o meno dell’informazione a decretare se si stia parlando di brand journalism o meno quanto gli obiettivi che spingono un’azienda ad avvicinarsi all’informazione. Ed in questo caso gli obiettivi sono altri dall’azienda stessa, perché è altro la Red Bull Media Company che, come divisione aziendale, è dedita a nuovi business. I mercati editoriale, televisivo e cinematografico non vengono semplicemente affiancati come possibilità alternative di comunicazione come in qualsiasi progetto di brand journalism ma come veri e propri business in cui agire nel senso più tradizionale del termine.
Red Bull vuole essere presente, sempre e comunque. E lo fa in maniera estremamente commercializzata, senza lasciare mai troppo la presa dal logo, dalla pubblicità – propria e di terzi. Con la divisione aziendale della Red Bull Media House creata da Red Bull siamo dunque più vicini all’idea di un piccolo conglomerato mediatico che in maniera inevitabile dà visibilità all’azienda madre, ma che si muove in maniera autonoma e che, al pari di qualsiasi prodotto commerciale, vende il proprio prodotto editoriale, televisivo e cinematografico. Non c’è, dunque, da parte della multinazionale, la volontà di diventare fonte autorevole di informazione per i propri stakeholders, ma c’è aggressivamente l’intenzione di essere presente nello spazio mediale non solo con i contenuti ma con i canali, non come impresa economica ma come colosso mediale.
Martina Galletta