Terremoto alla Cnn, lascia Jim Walton. Il presidente travolto da Twitter e Fox
Ah, le vecchie telescriventi, il ticchettio delle notizie che arrivavano in redazione, la carta che a rotoli ingolfava le scrivanie. Quando Jim Walton entrò alla Cnn, anno della televisione 1981, le news entravano ancora così, per poter essere poi rimbalzate in tutto il mondo dai nuovi e potenti mezzi della prima tv interamente dedicata alle notizie, i telefoni satellitari che dall’Iraq bombardato dagli Usa facevano volare la voce degli inviati speciali laggiù fino ad Atlanta, dove il baffuto Ted Turner aveva scommesso i suoi miliardi sulla rivoluzione dell’informazione. No, oggi il mesto addio di Walton, il potentissimo capo di Cnn, il presidente di quella che era la tv di notizie più vista del mondo e oggi arranca stancamente al terzo posto in America, è arrivato con lo squittio di un tweet, grazie a uno scoop dell’Associated Press che in 140 battute accende le News Wars che stanno per infiammare tutto il mondo. Me ne vado, dice il grande capo, perché la tv ha bisogno di “nuovi leader e nuove visioni, nuove prospettive”, insomma nuovi programmi: sì, ma quali?
L’addio di Walton è più di un terremoto, è uno tsunami, è un cataclisma come quelli che – gufando – la Cnn negli ultimi anni ha sempre più sognato, perché solo durante le disgrazie gli ascolti salivano mentre in tutti gli altri giorni era una disgrazia vera, con l’abisso del 40 per cento in meno toccato negli ultimi due mesi. E siccome in ogni terremoto c’è sempre, e purtroppo, la scossa d’assestamento, il botto che sta facendo sobbalzare i professionisti dell’informazione in queste ore è almeno pari alla scossa partita dall’epicentro: perché a sostituire Walton potrebbe arrivare addirittura Roger Ailes, il potentissimo braccio destro televisivo di Rupert Murdoch, cioè proprio l’uomo che ha portato la Fox ha superare la stessa Cnn, col suo giornalismo politicamente gridato e dichiaratamente destrorso. Possibile?
L’arrivo di Ailes per ora è solo un pettegolezzo, rilanciato comunque da quel grande esperto che è Michael Wolff, la firma di Vanity Fair che a Murdoch ha dedicato una biografia senza sconti. Era stato del resto lo stesso Wolff, nei mesi scorsi, a puntare il dito contro Walton, mentre il mondo assisteva impotente alle caduta di tante, troppe teste, l’ultima quella del povero Ken Jautz, il direttore della redazione news che da cronista aveva dato per primo l’annuncio del crollo del Muro di Berlino e un paio di mesi fa è stato invece il primo a finire sotto le macerie del crollo degli ascolti. Chi avrebbe mai avuto il coraggio di toccare Walton? Dopo Turner, che pure da anni aveva venduto la sua creatura al gigante Time Warner, conservandone solo una quota di minoranza, Big Jim era davvero l’uomo simbolo della televisione, l’uomo che lì dentro aveva scalato tutte le scale possibili, entrando appunto come il ragazzo che strappava le agenzie dalle telescriventi e ricoprendo – negli ultimi dieci anni – l’incarico più alto e più ambito. L’ha scritto Bian Stelter, l’esperto del New York Times, che la Cnn ormai era diventata come il pronto soccorso. Quando scoppia una guerra, una crisi, quando c’è un terrremoto o un attentato, il mondo corre a sintonizzarsi come ai tempi in cui Peter Arnett trasmetteva da sotto le bombe di Bagdad. Ma appena l’emergenza è passata chi volete che abbia ancora voglia di stazionare davanti a un pronto soccorso? Eppure nessuno aveva avuto il coraggio di puntare il dito contro il medico di guardia.
La verità è che la tv all news paga il successo di internet, paga il successo di Twitter, ma paga soprattutto il successo delle tv rivali, dalla destrorsa Fox alla sinistrorsa Msnbc, che l’hanno superata proponendo un modello di giornalismo che non solo nell’America di oggi si avvia a diventare la nuova regola d’oro: i fatti non necessariamente separati dalle opinioni. Sì, la Cnn ha provato anche muovere gli ascolti giocando la carta del giornalismo più popolare, dando per esempio spazio a quel Piers Morgan che proprio in queste ore è il battitore libero da Londra, re delle Olimpiadi, mentre ancora qualche anno fa bazzicava nei tabloid del solito Murdoch, dove sarebbe stato sfiorato perfino dallo scandalo intercettazioni.
La crisi alla Cnn è dunque solo una puntata della crisi globale dell’informazione, che non è certo crisi di pubblico perché la domanda cresce, internet è lì a raccogliere sempre più curiosi, lettori, spettatori sempre meno passivi e sempre più attivi. Ha ragione Big Jim quando dice che servono idee nuove. Averne, però. Nel giorno del via delle Olimpiadi il suo addio è un segnale: nel mercato sempre più affollato di mezzi e piattaforme, così diverso da quello in cui entrò più di 30 anni fa – ah, il ticchettio delle telescriventi – l’importante non è più solo partecipare. Qualcuno trovi la strada vincere.
(fonte Repubblica.it)